Piuttosto comune, questa patologia infiammatoria può rendere difficile la normale respirazione e determinare una serie di fastidiosi disturbi. Ecco cosa fare per “liberare” il naso
È una delle più comuni patologie riscontrate dall’otorinolaringoiatra. I polipi nasali sono piccole proliferazioni a forma di goccia, che si sviluppano nel naso e possono rendere difficile la normale respirazione. Hanno una natura benigna, per cui non si tratta di tumori, e colpiscono fino al 4-5 per cento della popolazione generale.
«La poliposi è una patologia infiammatoria cronica delle mucose nasali che può interessare solamente le cavità nasali oppure può coinvolgere anche i seni paranasali, cioè quelle camere d’aria situate intorno agli occhi, al naso e alle guance che fanno da “cassa di risonanza” per la nostra voce, operando come una sorta di megafono per l’amplificazione dei suoni», spiega il dottor Fabrizio Salamanca, otorinolaringoiatra presso il Centro Medico Visconti di Modrone, Milano. «Tra l’altro, nei seni paranasali viene anche prodotto quel muco adesivo che serve a intrappolare germi, contaminanti, allergeni e altre particelle provenienti dall’esterno, in modo da espellerli quando soffiamo il naso».
Quali sono le cause dei polipi nel naso
Nella pratica, la poliposi nasale si presenta come un edema (rigonfiamento) delle mucose – nasali e/o paranasali, abbiamo detto – che nel tempo dà origine a escrescenze di consistenza gelatinosa, traslucida e chiara: «Si tratta di una patologia benigna», rassicura l’esperto. «Non sono ancora del tutto chiare le cause scatenanti, ma di certo alla base c’è un’iperattività della mucosa nasale. Se l’iperattività è allergica, di solito la poliposi è massiva, perché riguarda sia le fosse nasali sia i seni paranasali, e spesso si associa all’asma. In altri casi, invece, l’iperattività è aspecifica, per cui l’anomala ed eccessiva attività delle strutture del naso è messa in moto da uno stimolo non ben identificato, come l’umidità, il vento o la luce, ma il risultato finale è il medesimo quadro clinico». Tra le forme aspecifiche ne esiste poi una particolare tipologia, la cosiddetta sindrome ASA, dove il paziente presenta contemporaneamente poliposi nasale, asma e una violenta intolleranza all’acido acetilsalicilico (la comune aspirina).
Quali sono i sintomi della poliposi nasale
Alla lunga, queste escrescenze impediscono al paziente di respirare bene e aumenta il senso di ostruzione nasale, come se le fosse nasali fossero “occupate”: «Inoltre cala l’olfatto, soprattutto quando i polipi crescono nella parte alta del naso, dove si trova l’area olfattoria: davanti a questa regione si crea un intralcio che impedisce all’aria di raggiungere i recettori olfattivi, per cui gli odori vengono avvertiti poco», descrive il dottor Salamanca.
«Tipica è anche la rinorrea, il classico naso che cola, talvolta “gocciolante” nella parte posteriore, giù nella gola, con una sensazione molto fastidiosa». E alla lunga? Qualora non si intervenga, i polipi tendono a crescere, ostacolando sempre di più la respirazione e l’olfatto, ma attuando anche il cosiddetto rimodellamento: «All’interno delle fosse nasali e dei seni paranasali, queste escrescenze iniziano a sgretolare le pareti ossee, determinando problemi più o meno complessi. Inoltre, possono predisporre a bronchiti, tracheiti e sinusiti ricorrenti, oltre che a mal di testa violenti anche in occasione di un banale raffreddore».
Come si diagnostica
Nella maggior parte dei casi, la poliposi nasale viene rilevata durante una normale visita otorinolaringoiatrica, quando – attraverso gli speculum nasali, particolari strumenti chirurgici utilizzati nel settore – lo specialista riesce a visionare le cavità nasali del paziente. «Può far seguito un’indagine endoscopica, detta rinofibroscopia, che sfrutta delle fibre ottiche rigide o flessibili collegate a un monitor per valutare in maniera più dettagliata le caratteristiche dei polipi, la loro sede di insorgenza e lo spazio di ingombro, consentendo di “fotografare” le immagini per documentare il quadro clinico», descrive Salamanca. A quel punto, viene prescritta una TAC del massiccio facciale senza mezzo di contrasto e talvolta, qualora serva porre una diagnosi differenziale rispetto ad altre patologie, una risonanza magnetica.
Come si tratta la poliposi nasale
La terapia proposta è innanzitutto farmacologica, a base di cortisone: a seconda del caso, lo specialista può consigliare una terapia locale (mediante spray nasali o tramite aerosol) oppure sistemica, somministrata per via orale o intramuscolare.
«Ovviamente, a fare la parte del leone è la chirurgia, specie quando la patologia è largamente estesa ai seni paranasali. Va detto, però, che la poliposi nasale è una malattia cronica, per cui ha un alto rischio di recidiva: con la chirurgia vengono asportati i polipi, ma non la causa che li ha determinati. Detto ciò, un trattamento cortisonico post-intervento può diminuire il rischio e la stessa chirurgia ha fatto passi da gigante negli ultimi anni, diventando sempre più mininvasiva, curativa ed eradicante».
Una grande novità
La grande novità del settore è rappresentata dai farmaci biologici, ovvero anticorpi monoclonali (da iniettare sottocute una volta alla settimana per un certo lasso di tempo) che stanno mostrando risultati straordinari anche senza chirurgia: «Trattandosi di terapie molto costose, però, la platea dei pazienti che possono beneficiarne è ancora molto ridotta. Per esempio, il servizio sanitario nazionale li mette a disposizione di chi presenta una sommatoria di problematiche, come l’avere anche l’asma, il fatto di non rispondere alla terapia cortisonica o magari non poterla seguire a causa di diabete, glaucoma o altre co-morbilità che la controindicano, l’aver già subito diversi interventi oppure soffrire di patologie cardiovascolari o di altro tipo che non permettono un ulteriore approccio chirurgico», conclude il dottor Salamanca.
«I farmaci biologici vanno prescritti e monitorati da un allergologo, perché la poliposi nasale è una malattia complessa, che richiede un trattamento multidisciplinare: otorino, allergologo e pneumologo devono unire le forze per trovare la migliore soluzione possibile».
Fonte: Starbene
Autrice: Paola Rinaldi